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VOLEVO ESSERE MARLON BRANDO

  • Immagine del redattore: Claudia Grohovaz Privato
    Claudia Grohovaz Privato
  • 17 ago
  • Tempo di lettura: 2 min
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Tratto dall’opera autobiografica Volevo Essere Marlon Brando di Alessandro Haber e Mirko Capozzoli, edito da Baldini&Castoldi

con Alessandro Haber, Francesco Godina, Brunella Platania, Giovanni Schiavo

regia e drammaturgia Giancarlo Nicoletti

scene Alessandro Chiti

disegno luci Antonio Molinaro

musiche


produzione Goldenart Production, Il Rossetti Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia

con il sostegno del MiC - Ministero della Cultura


Debutta al Festival Teatrale di Borgio Verezzi. Volevo essere Marlon Brando è una celebrazione del teatro e della vita, uno spettacolo che sa far sorridere, pensare, commuovere.

Giancarlo Nicoletti firma una regia che esalta il carisma unico di Alessandro Haber, costruendogli attorno un racconto su misura: autentico, viscerale, a tratti spiazzante e senza filtri, ma sempre sincero. Un intreccio teatrale che non ha paura di osare, dove la parola si intreccia alla musica, la confessione al gioco scenico, la memoria al desiderio. Il risultato è uno spettacolo libero e indomabile, proprio come il suo protagonista: un attore che si mette in gioco fino in fondo, senza schermi né protezioni in un viaggio teatrale che è anche un atto d’amore per l’arte, per la vita e per il pubblico.

Tutto comincia con una voce. Una voce che arriva da lontano… forse dal cielo, forse dalla coscienza. Una chiamata surreale e inaspettata che impone ad Alessandro Haber un conto alla rovescia: una settimana di tempo per fare ordine nella propria vita, nei propri ricordi, nei propri desideri, prima di un appuntamento inevitabile. È da questo spunto ironico, poetico e profondamente umano che prende vita questo spettacolo in cui Haber si mette a nudo, mescolando realtà e immaginazione, ricordi e visioni, ironia e malinconia.

In scena, in un grande “camerino” dell’attore zeppo di ricordi e oggetti della memoria, una presenza femminile enigmatica e sorprendente, forse angelo, forse specchio, forse coscienza. E poi la musica: musicisti dal vivo e canzoni interpretate da Haber accompagnano e amplificano le emozioni, diventando parte integrante della narrazione. Il finale? Non è una risposta. È un punto di domanda lasciato aperto, come un sipario che si rifiuta di chiudersi del tutto.

 
 
 

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